mercoledì 6 luglio 2011

Penelope

Com’è bello..
Ricordo d’averlo pensato anche la prima volta che ci incontrammo, nella bianca sala affollata del palazzo di Itaca.
Del re aveva il portamento fiero e sicuro, negli occhi una luce particolare : quella dell’ingegno per cui era noto in tutta la Grecia.
L’avevamo sentito dire tutte, non c’era principessa che non lo sapesse e che non fosse stata educata nella speranza di diventarne moglie.
Ciascuna di noi era in fila, nell' attesa del suo sguardo indagatore : dove sono nata si dice che chi ha gli occhi azzurri, come i suoi, come l’Egeo, ha un destino speciale- un daimon diverso- Ora so che non sono solo storie inventate dalle balie per intrattenere i bambini.
E quando quell’azzurro si fermò di fronte a me capii che non avrei voluto amare nessun altro; i dardi di Eros mi avevano trafitta, me, la grande principessa dal cuore saldo e imperterrito, la disperazione di mia madre.
Sentii qualche risata soffocata, mentre l’araldo di corte annunciava il mio nome “la spartana salvata dalle anatre.” Non me ne vergogno, ma quella volta arrossii violentemente e lui abbozzò un sorriso, quasi impercettibile,e passò oltre.

Ci congedò con modi gentili augurandoci un riposo confortevole.
Quella notte dormii poco e male, preparandomi mentalmente al viaggio di ritorno.
È indescrivibile lo stupore che si dipinse sul mio viso, quando un servo venne a dirmi che il principe desiderava vedermi.
Quella sala, che fino a poche ore prima era gremita di giovani donne, era improvvisamente così grande mentre percorrevo la distanza che mi separava da lui!
Ancora non conoscevo le sue manie, le sue curiose fissazioni, i suoi modi di fare quand’è agitato; non sapevo che quel suo sfiorarsi l’orecchio sinistro è segno che qualcosa lo turba.
Si alzò dal suo scranno e mi venne incontro chiamandomi per nome, dandomi del tu come se mi avesse sempre conosciuta, chiedendomi in moglie con un’espressione che solo oggi gli ho rivisto: l’incertezza,la paura di non sapere.

Sorrido tra me e me ripensando al mio sì e a tutto quello che ne è seguito.
Alzo un momento gli occhi al cielo, recitando una muta preghiera agli dei per tutto quello che mi è stato dato, poi torno a guardare mio marito, il mio migliore amico, il mio compagno; l’unico che riesce a dipanare in fili della mia anima, a scioglierne i nodi.

Com’è bello..
È in piedi, in riva al mare, si protegge gli occhi con una mano e so che sta parlando al dio dal tridente affinché gli mandi correnti favorevoli per il viaggio.
Domani partirà per aiutare Menelao e i suoi in una guerra.
Inutile, spietata come solo la guerra può esserlo.
Mi sembra già di vedere schiere di vedove e orfani fissare con occhi gonfi di pianto le pire dei propri cari.
Toccherà anche a me?
Un brivido mi corre lungo la schiena e lui, come se avesse letto i miei pensieri, mi raggiunge, mi stringe a sé. Mi lascio avvolgere dal suo odore e dal profumo del mare e della sabbia.
Non c’è bisogno di parlare, non ora.
Mi bacia le spalle, mi culla come fossi una bambina.
Restiamo così per un po’, cercando di imprimere nell’anima questo momento- prezioso tesoro per i giorni che verranno. Che siano pochi, che torni presto!
Gli accarezzo le braccia, così forti da uccidere eppure così delicate quando gioca con nostro figlio.
promettimi una cosa.." gli dico ad occhi chiusi,continuando a farmi cullare "promettimi che tornerai"
 Lui mi stringe ancora di più a sé, come se questo vento che si sta alzando dovesse portarmi via.
"Nessuno potrebbe tenermi lontano da te" sussurra giocando con il mio orecchino"..tornerò presto"
E restiamo così, abbracciati, stretti all’unica certezza del nostro amore.

(Mariateresa, Rimini. Luglio 2011)

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